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RECENSIONI "RITROVARSI NEL TEMPO"

 

 

 

da “IL GIORNALE DI CARATE” (3 GENNAIO 2006)

Un calabrese in terra di Brianza

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da “IL CUCULO” (DICEMBRE 2005)

ABBIAMO LETTO...........

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da “LA VOCE DI SOVICO” (DICEMBRE 2005)

Ritrovarsi nel tempo

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da “IL GIORNO” (MAGGIO 2006)

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da “IL CITTADINO” (MAGGIO 2006)

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da “IL GIORNALE DI SEREGNO” (MAGGIO 2006)

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da “MENSILE DI INFORMAZIONE CITTA' DI GIUSSANO” (MAGGIO 2006)

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Ritrovarsi nel tempo di Vincenzo Mazzeo

di Pasqualino Colacitti

Vincenzo Mazzeo lascia la sua amata Calabria, adolescente, e si stabilisce ad Albiate (Mi), riuscendo a diplomarsi ragioniere, lavorando di giorno e studiando di sera.

La sua passione letteraria è superiore a quella legata agli studi di ragioneria e pubblica il primo libro autobiografico, Le mie radici, nel 1999, con lo Studio Editoriale Fiorentino, accolto molto bene. Ma in, Ritrovarsi nel tempo, che ha come sottotitolo “Un immigrato al Nord dopo tanti anni ritorna nella sua terra e…” pubblicato con l’editrice Marna di Barzago (Lecco), con un’indicata copertina, l’autore dimostra una maturità linguistica superiore al lavoro del 1999. La scrittura è fluida, con una perfetta tessitura tra lingua italiana e vernacolo calabrese, che danno ai personaggi sostanza vitale e reale. I contadini calabresi parlano il dialetto e i loro dialoghi raggiungono un grande spessore espressivo;  se usassero l’italiano, risulterebbero falsi.

L’autore ha filtrato la lezione del neorealismo ed ha scritto un romanzo denso di avvenimenti reali del nostro tempo, con una profonda partecipazione umana e una rigorosa sincerità con luci e ombre, col bene inseguito dal male, con l’esaltazione della vita e il dolore della morte. È un romanzo amaro e dolce. Il personaggio principale è Alfredo che ha un cane:Lepre, che lo segue,  nella realtà e nel ricordo, per tutto il romanzo, come l’ombra e la luce.

La vita ad Albiate è difficile. Il razzismo è sottile e tocca il vertice dell’intolleranza, quando la famiglia di Alfredo fa la salsa nel cortile dove abita.

Il lavoro in fabbrica si presenta nella sua cruda realtà. L’amico Giuseppe, rimane con le mani maciullate durante il lavoro: è di cocente attualità perché ogni giorno degli operai continuano a morire sul lavoro.  

Alfredo parla con grande affetto del padre Petru u Mulinaru (il mugnaio) e della madre Maria a Scazuna (la scalza: camminava sempre a piedi nudi). 

Gli amori giovanili di Alfredo sono fugaci, finché trova Giuseppina, meridionale anch’essa, che sarà l’unico e grande amore della sua vita. Il giorno delle nozze la sposa è vestita di bianco. Una folla di amici e parenti canta e balla anche la tarantella. Nascono Pietro e Maria, chiamati come il nonno e la nonna paterna, e Marcello.

Rimasto vedevo, Alfredo ritorna al suo paese per rivedere i luoghi di quella sua povera ma felice infanzia, e analizza la natura umana, animale e paesaggistica con un profondo scandaglio realistico. Alla descrizione lirica del paesaggio, contrappone la violenza terrificante di un temporale che causa la morte per fulmine di tre fratellini, sulla collina, sotto una grande quercia dove sono state infisse tre croci. Tra le pagine tragiche, che interrompono la serenità bucolica, sono da citare: le due sorelline morte bruciate nel capanno; don Angelo e il figlio ammazzati dai banditi; la morte del contadino caduto dall’albero d’ulivo mentre bacchiava le olive, il quale lascia orfani Guglielmo di quindici anni e una ragazzina di dodici, che finisce con fare la serva in casa di don Fernando che la violenta. Guglielmo lo accoltella (non a morte) e finisce in carcere dove studia, legge molti libri, e ritorna al paese rispettato da tutti e riconosciuto come Mastro Guglielmo.

L’autore traccia un interessante ritratto di Mastro Guglielmo, considerato un uomo di cultura in un paese in cui anche la scuola, a quei tempi, era negata. Mastro Guglielmo sprona i contadini alla rivolta, dicendo loro che la terra è di chi la lavora.

C’è nel romanzo anche Natu u Babbu (ragazzo con deficienze mentali), e una ricca galleria di personaggi semplici indicati con una umanità, mentre l’usuraio- strozzino è ritratto con un certo disprezzo.

Non mancano: refusi, improprietà di linguaggio e alcuni errori, ma sono pochissimi, dovuti alla stanchezza del correttore di bozze. Ma tanto è come un granello di sabbia in una spiaggia enorme.

Il romanzo è meritevole d’essere letto anche nelle scuole, per gli importanti temi che affronta.

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